Posto di fronte alla immane tragedia del primo conflitto mondiale e al criollo dell’Impero tedesco, non vide «altro rimedio alle disgrazie del popolo [tedesco] se non quello di rieducare la sua gioventù ad un’attività gioiosa, coraggiosa e creativa». È, questo, il motivo etico–pedagogico di fondo che ispira il corso di lezioni dedicato a Schiller, che Nohl tenne per la prima volta nel 1920 e che non a caso tornò a tenere per una seconda volta a ridosso della fine del secondo confitto, nel 1946. Proprio ad inizio del testo a stampa di questo corso, rimasto inedito fino a metà anni Cinquanta a causa degli impedimenti dovuti all’avvento del regime nazionalsocialista, lo stesso Nohl dichiarava esplicitamente questo intento dovuto ad una ragione legata strettamente al presente: «dare agli studenti, che facevano ritorno dalla guerra, una testimonianza della realtà dello spirito tedesco». Questo impegno didattico, più che essere un mero esercizio storico–letterario, assumeva così il senso di un’alta «operazione pedagogica». Infatti, convinzione profonda di Nohl è che, dopo la Bibbia di Lutero, niente avesse operato sulla spiritualità del popolo tedesco al pari dell’arte di Schiller, dove aveva preso forma la lingua, i sentimenti più alti e la fantasia spirituale dello stesso popolo tedesco. Se in quest’ultimo vive qualcosa della nobiltà spirituale e del coraggio, dell’entusiasmo e della coscienza della libertà, lo si deve proprio alla divulgazione della opera poetica di Schiller. Insomma, uno Schiller emblema della libertà e dell’anelito alla unità nazionale è ciò che serpeggia in tutto lo scritto nohliano.