"Sono ancora in ginocchio, non ho la forza per rialzarmi, sono esausto, osservo il padre mentre si accanisce sul figlio, poggio una mano sulla sua spalla e questa si muove all’unisono con le compressioni che l’uomo effettua sul torace del figlio.” Se esiste un confine tra la propria professione, il proprio mondo privato e interiore e la passione che si può provare per l’umanità intera, questo confine Rino Negrogno lo conosce bene e si muove intorno ad esso con grande competenza. La stessa competenza che gli consente di essere narratore di sé, di ciò che gli succede intorno e di ciò che gli succede dentro. «Se fossi io quest’uomo?» penso mentre inizio a praticare il massaggio cardiaco, «se fosse mio figlio questo ragazzo?»: nel flusso di questa empatia d’emergenza si avvita l’alleanza tra chi legge e chi ha scritto, dando a ciascuno la possibilità di riconoscersi in qualcuno dei protagonisti di questo diario.