Più che racconto o romanzo di viaggi, questa è la storia della genesi di un viaggio: l’autore, con un appassionato racconto, ci spiega com'è nata in lui l’idea di accostarsi al Tibet, alla sua cultura, alla sua civiltà e alla religione buddhista lamaista, che ne è l’espressione più autentica. Per far ciò, egli ci propone l’unico viaggio che, com'è stato detto, «non ha nè spazio nè tempo, il viaggio dell’uomo nell’uomo»: l’Autore ripercorre, cosí, le letture adolescenziali, gli studi liceali, la storia contemporanea e quella delle arti, c.d.minori e maggiori, per tessere il filo che unisce l’Occidente all’Oriente, fino al suo cuore che è in Tibet. Come un grande “mandala”, fatto di cerchi e di quadrati, la storia si dipana su tre livelli paralleli che, di tanto in tanto, si intersecano: il viaggio che l’Autore, con il suo gruppo di compagni abituali, decide di organizzare autonomamente in Tibet, preparandolo attraverso viaggi in India, Pakistan, Nepal e Cina (il cerchio esterno del mandala, con le quattro porte della conoscenza); l’Occidente nel suo millenario interesse per l’Oriente (il quadrato iscritto nel cerchio); la civiltà tibetana, nelle sue principali espressioni (il cerchio centrale del mandala). Ne risulta un intreccio molto stimolante di storie, a loro volta tratte da più fonti (come i diversi colori del mandala) : i ricordi personali dei viaggi; gli studi storici; i racconti degli studiosi, testimoni e viaggiatori; la letteratura ambientata negli stessi luoghi, cosí da condurre il lettore progressivamente verso la meta avuta di mira: l’unico vero viaggio è quello che si svolge dentro di noi, che non ha inizio nè fine, non nasce con la partenza nè muore al ritorno, ma continua a vivere dentro di noi e si diffonde nel tempo e nello spazio, come «i cavalli del vento». I lun-tha o windhorse, sono infatti le bandierine che sventolano sui fili stesi nei cieli del Tibet, e rappresentano un «principio di vita»: al tempo stesso, «l’aria che si respira e un fluido sottile nel corpo». A questo principio di vita si ispira l’autore nel raccontare, anche con un ricco corredo di proprie fotografie, come sia nato in lui l’interesse per il Tibet e poi l’idea di visitarlo.