È un'oca giuliva! Quell'uomo è un vero squalo! Cammina come una lumaca.
È un capro espiatorio. Sprecherai la tua vita come le cicale! Non fare la civetta! Ha un cervello di gallina.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Piange lacrime di coccodrillo.
Fa sempre il galletto! È cieco come una talpa! Farà la fine del topo. Hai preso lucciole per lanterne! Quante volte abbiamo sentito queste e altre esclamazioni che indicano le tante analogie tra uomini e animali? Ormai rientrano nei modi di dire comuni e, andando a ritroso, è anche la letteratura a dimostrarcelo con pochi esempi illustri, anche se l'elenco sarebbe lungo: Omero, Esopo, Fedro, Plutarco, Aristotele, fino a Trilussa e Orwell, spesso hanno usato questo tipo di similitudini, paragonando agli esseri umani leoni indomabili, lupi famelici, sciacalli, aquile regali, muli testardi, serpenti terrificanti.
Animali che quindi incarnano vizi e virtù degli uomini diventando lo specchio simbolico dei comportamenti e delle attitudini, degli esseri umani: alcuni sono vili e infidi come i serpenti o astuti e malvagi, come la volpe; altri infine appassionati e obbedienti come il cane o gelosi e vanitosi come il pavone, e così via.
Ma a differenza delle tante opere in cui gli animali vengono descritti con caratteristiche umane, ne La fattoria dei casi umani il procedimento è inverso: gli autori narrano le vicende di uomini che hanno vizi e virtù presi in prestito dal mondo animale.