Due anni di «splendida miseria». Così, tradizionalmente, viene definito il soggiorno a Napoli di Gabriele d’Annunzio.
E molti, erroneamente, si concentrano solo sul secondo termine di questa folgorante espressione. Ma se è vero che all’ombra del Vesuvio il Vate patì la fame più nera, è altrettanto vero, però, che vi trascorse uno dei periodi più straordinari della sua vita. Qui diede alle stampe alcune delle sue opere più importanti e scrisse articoli giornalistici che infiammarono il dibattito culturale nell’asfittica Italia di fine ’800.
Tra i vicoli e le strade di una città che Tobia Iodice, attraverso documenti inediti, racconta in tutta la sua magia, con le sue miserie e i suoi splendori, i suoi primati e le sue infinite contraddizioni, d’Annunzio incontrò e si scontrò con un fantasma, scoprì l’esoterismo, si appassionò al gioco del lotto e provò a uccidere Pulcinella.
Cullato dalla sirena Partenope, l’Imaginifico collezionò inoltre nuove amanti e nuovi amori, divenne padre per la quarta volta e compose versi sublimi. Gabriele d’Annunzio e Napoli si mescolarono, quindi, l’uno all’altra, «come l’anima si mescola al corpo, come il fuoco s’attacca al legno».
E per entrambi, quei due anni ebbero davvero la forza sconvolgente di «un sogno rapido e violento».