Nel libro s’incontrano fotografie in bianco e nero, che raffigurano Urraro da bambino, immagini che danno l’idea della patina relativa al tempo passato. E’ la memoria involontaria che spinge Urraro a riattualizzare in versi i primi anni della sua vita, e, dire questo attraverso la scrittura poetica, dà all’opera un alone di magia e di bellezza intrinseca. Il nostro mette in moto la memoria non per un rimpianto elegiaco di un mondo che non c’è più, ma per recuperare quel mondo, per individuare certe condizioni di vita.
Per l’unitarietà tematica, alla quale partecipano anche le poesie dell’appendice, tratte da raccolte precedenti di Urraro, ero il ragazzo scalzo nel cortile si può vagamente definire un poemetto: infatti tutti i componimenti hanno per argomento gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza di Urraro.