Estratto dalla propria tesi di dottorato, dedicata al confronto fra la posizione di Giordano Bruno espressa nei suoi Dialoghi Italiani e la tradizione di alcune opere aristoteliche (Metafisica, Fisica, Il Cielo), il testo qui presentato giunge progressivamente alla dimostrazione della presenza all’interno del pensiero bruniano di una struttura argomentativa estremamente complessa, centrata sul principio teoretico e pratico dell’infinito creativo e doppiamente dialettico. Contro la finitezza e la limitatezza eterodeterminata ed autocentrata del mondo unico aristotelico (come pure di tutti i poteri e mondi unici imposti), l’apertura infinita del cielo bruniano dimostra di contenere una pluralità infinita di mondi, che nella sua radice creativa è poi capace di aprire anche il passaggio all’applicazione etico-politica dello stesso principio, basculante ed oscillante nella reciproca compenetrazione dei due criteri teologico-politici della libertà e dell’eguaglianza, tenuti insieme dalla profondità abissale e dalla tensione elevatissima di un desiderio amoroso, che svela e al contempo nasconde la propria misteriosa tenebrosità ed apparente caoticità vitale. Corrente calda estromessa da quella fredda, sviluppatasi all’inizio della modernità, proprio con la neutralizzazione razionalistica e scientifica della materia, la proposta bruniana bussa di nuovo alle porte della nostra attuale crisi apocalittica, quale àncora di salvezza e di restituzione delle fraterne ed eguali libertà perdute.