«L’impossibilità di garantire una pena rispettosa della dignità umana e realmente funzionale al reinserimento sociale delle persone condannate e premesso che il carcere non è la sola possibile risposta per tutelare gli interessi della collettività, trattandosi inoltre di una delle soluzioni più costose e disumane, è necessario pensare all’alternativa, un processo di civiltà e democrazia che possa superare il carcere. [...] Ho deciso di svolgere la tesi di laurea triennale in Scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione della classe di lauree in scienze dell’ammnistrazione e dell’organizzazione (L–16), presso la Sapienza Università di Roma (Polo Universitario Penitenziario), sul lavoro dei detenuti perché ritengo che il trattamento per la rieducazione e il reinserimento sociale passa solo attraverso lo studio e il lavoro, un lavoro che permette di affrontare meglio il quotidiano carcerario, allontana l’ozio, salva vite e garantisce il presente e il futuro della persona detenuta e dei suoi familiari. Sono pochi gli esempi di lavoro penitenziario professionalizzante, nelle carceri italiane sono pochissime le cooperative e le aziende che danno lavoro ai detenuti, quelle poche realtà dimostrano che il lavoro carcerario rieduca, riduce la recidiva e garantisce un futuro fuori le mura».